Antonio Pascale tra i cinque scrittori finalisti della 60esima edizione del prestigioso Premio Campiello. Pascale, da pochi giorni in libreria con Un Orto al Centro, il suo nuovo lavoro dedicato al decennale della nostra esperienza, concorre col romanzo La foglia di fico alla vittoria del Campiello, il noto Premio letterario nato nel 1962 a Venezia.
A differenza di quanto accade negli altri grandi Premi, per il Campiello la Giuria dei Letterati (composta da 10 lettori qualificati e presieduta da una personalità della cultura italiana) seleziona fra i libri editi nell’anno precedente una rosa di cinque libri da sottoporre alla Giuria dei Lettori (composta da 300 lettori di diversa provenienza sociale, età, cultura, professione) che proclamerà il vincitore del Premio Campiello sabato 3 settembre al Teatro La Fenice di Venezia.
«Non è un libro sentimentale, ma è un libro che possiede un sentimento, dalla prima pagina all’ultima: il sentimento per le cose della vita. Si sorride, si ride di certe figuracce o di certe teorie casertano-filosofiche, si ringrazia per l’assenza di trama e la ricchezza di letteratura, ci si ripromette di andare al più presto in una pineta a piedi nudi e di portarci i bambini finché sono bambini, finché la vita non prenderà un’altra piega».
Annalena Benini, «Il Foglio»
«La foglia di fico è un libro di piacevolissima lettura che racconta piccole, sofferte, ironiche vicende dentro i grandi e gravi problemi del nostro Paese e del nostro tempo».
Domenico Starnone, «Corriere della Sera»
«Il personaggio che mi colpisce di più del libro è quello del padre. Una figura gigantesca. In genere tentiamo di distaccarci dai padri di non occuparci delle loro stesse cose. Invece nel romanzo l’idea di formazione, la trasmissione di sapere, passa attraverso lui».
Francesco Piccolo, «la Repubblica»
«Leggendo quest’ultima felicissima (nel senso etimologico di feconda) autofiction polifonica di Pascale si può pensare alle atmosfere di Virgilio, vuoi per le Georgiche vuoi, soprattutto, per quel primo viaggio all’inferno e ritorno, quello che permette, se non di dipanare, almeno di avere chiari i fili in cui l’essere umano è costretto e poi imparare a conviverci».
Silvia Veroli, «il Manifesto»
In bocca al lupo, Antonio!