Passeggiando tra le aiuole dell’Orto in Campania, può capitare di imbattersi in un nome che incuriosisce e un po’ inquieta: fagiolo cannellino dente di morto.
Dietro questa denominazione così particolare si cela una varietà antica di Phaseolus vulgaris, legata a doppio filo alla tradizione contadina della Campania e, soprattutto, dell’agro acerrano-nolano.

Il nome dente di morto deriva probabilmente dal colore del seme: bianco avorio, lucido e ovale, che ricorda appunto un dente. In passato, quando l’immaginario popolare era permeato di superstizioni e metafore legate alla vita e alla morte, era comune dare nomi curiosi e suggestivi alle varietà locali.
Questo fagiolo non fa eccezione: dietro il suo nome si nasconde una lunga storia fatta di tradizioni familiari, semi tramandati di generazione in generazione e gesti agricoli rimasti intatti nel tempo.

Questa varietà di fagiolo è rustica e adattabile, ideale per la coltivazione nei piccoli orti, anche in terreni non particolarmente fertili.
Ama il sole, cresce bene se sostenuto da una rete o da canne e non teme il caldo torrido tipico delle nostre estati.
Una delle sue peculiarità è proprio la resistenza: una pianta “povera” solo all’apparenza, ma in realtà generosa e produttiva.

Dal punto di vista nutrizionale, il dente di morto è un concentrato di proteine, ferro e fibre. Di facile e veloce cottura, in cucina viene apprezzato per la sua buccia sottile e la polpa cremosa, che lo rendono perfetto per zuppe, minestre e piatti tipici della tradizione, come la celebre pasta e fagioli napoletana.
C’è chi ancora oggi ricorda le parole dei nonni: “Questi fagioli non hanno bisogno né di lardo né di pomodoro: bastano da soli per fare un pasto da re”.
Il dente di morto è caratterizzato da piante a cespuglio, non rampicanti, di colore verde intenso. Tradizionalmente viene seminato in due volte all’anno, ad aprile e a luglio, per contare su due diversi periodi di raccolta.
Negli ultimi decenni la coltivazione del dente di morto si è drasticamente ridotta, in particolare a causa delle profonde modifiche delle abitudini alimentari e la forte crescita di fagioli importati dall’estero.
Nell’area di Acerra, dove veniva storicamente coltivato, si è conservato solo in alcuni orti familiari, fino a quando un programma di recupero e di valorizzazione del germoplasma orticolo campano ha recuperato questa antica varietà che oggi viene coltivata da un piccolo gruppo di agricoltori che aderiscono al Presidio Slow Food del Fagiolo dente di morto di Acerra, sorto proprio con l’obiettivo di salvarlo dall’estinzione e valorizzarlo.
Tra superstizione e buon senso contadino, questa antica varietà di fagiolo è fortunatamente sopravvissuta, conservata oggi con amore da contadini appassionati.

Coltivare il dente di morto nell’Orto in Campania, quindi, non è solo un atto agricolo, rappresenta un vero e proprio gesto culturale.
È parte integrante del nostro programma “Generazioni coltivate”, nato per unire grandi e piccoli attorno ai valori della sostenibilità, della memoria contadina e della biodiversità. Ogni seme piantato è un ponte tra passato e futuro: racconta di mani sapienti che lo hanno curato e di nuove generazioni che lo fanno rinascere. Un’eredità viva, che continua a germogliare, stagione dopo stagione.